Assolutamente sì, anzi è fortemente raccomando al professionista svolgere un proprio percorso psicologico… ma perché?
Primariamente perché anche lo psicologo può vivere momenti di sofferenza o bloccarsi in passaggi importanti della vita. Inoltre, conoscere se stesso, comprendere come reagisce in specifiche situazioni oppure perché alcune persone provochino in lui determinate emozioni è fondamentale per proteggere se stesso e il paziente.
Lo psicologo è una persona che ha ottenuto una laurea triennale, di 3 anni, ed una specialistica, di 2, in psicologia. Si è così laureati in psicologia ma non ancora psicologi, titolo che si acquisisce svolgendo un anno di tirocinio post laurea e in seguito ad un esame di stato. A questo punto ci si può iscrivere all’albo degli psicologi (ricordo ancora l’emozione che provai quando mi diedero il tesserino con il numero di matricola!) e attuare interventi abilitativi, riabilitativi, di sostegno e diagnostici. Il percorso potrebbe anche concludersi qui, tuttavia c’è la possibilità di iscriversi ad una scuola di specializzazione per diventare psicoterapeuti. A tale formazione, di minimo 4 anni, possono partecipare oltre gli psicologi anche i medici chirurghi. Durante questo percorso si acquisiranno le competenze per poter fare psicoterapia e quindi curare i disturbi psicopatologici.
Nel lavoro dello psicologo e dello psicoterapeuta è importante evidenziare la necessaria co-presenza di competenze professionali e umane. Le prime acquisibili tramite lo studio approfondito e le seconde attraverso l’esperienza sul campo ed una particolare attenzione a conoscere il proprio funzionamento, realizzabile solo attraverso una psicoterapia personale, che metterà in luce aspetti inconsci di cui non si era consapevoli.
Perché è così importante che lo psicologo si conosca nel profondo e risolva i suoi eventuali conflitti personali?
Per proteggere se stesso e soprattutto il paziente.
Infatti, lo psicologo potrebbe incontrare un paziente molto simile a sé e quindi rischiare di identificarsi troppo nel suo vissuto; al contrario, relazionarsi con una persona molto diversa o con caratteristiche che scatenano in lui forti emozioni, potrebbe rendere più difficile l’empatia.
Ecco un esempio che semplifica molto il concetto ma credo renda bene l’idea: vi è mai capitato di dire ad una persona – ma quanto sei nervosa oggi! – per poi rendervi conto che quelli nervosi eravate proprio voi? Ebbene, in questo caso avete proiettato una vostra emozione sull’altra persona, un’esperienza che può capitare nella vita ma che è fondamentale lo psicologo sia in grado di riconoscere e controllare per poter svolgere al meglio la sua professione.
Uno psicologo che ha svolto un proprio percorso di terapia ha la capacità di essere empatico e comprendere il paziente senza farsi travolgere dal suo vissuto, rimanendo il più possibile obiettivo e riuscendo a distinguere in ogni momento quelle che sono le sue emozioni, pensieri e vissuti da quelli del paziente, senza confonderli.
Tutto questo perché la cura avviene attraverso la relazione, una relazione in cui lo psicologo è pienamente inserito.
Avere una profonda conoscenza di sé gli consente di essere autentico e fornire uno spazio libero dal giudizio, dedicandosi all’ascolto e favorendo il benessere della persona che a lui sceglie di affidarsi.